giovedì 29 marzo 2012

Dodici mesi al comando della brigata granatieri - I. San Floriano

di Giuseppe Pennella
Tipografia del Senato, Roma, 1923


Il Carso è uno dei luoghi più famosi della "mitologia" della Grande Guerra. Il Carso di Ungaretti, quello dei fratelli Stuparich, di infiniti diari e memorie dei disgraziati che vi ristettero e spesso perirono. Ed il Carso, più precisamente la zona di San Floriano con la frazione detta del "lenzuolo bianco", compresa tra Gorizia ed il Sabotino (entrambi allora in mano austriaca), è l'aspro palcoscenico di queste memorie. Il libro è una rievocazione dei fatti accaduti nel periodo dicembre 1915 - aprile 1916 alla Brigata comandata dal gen. Pennella, e può essere diviso in due parti: una prima dove si racconta della ricostituzione delle forze dopo la IV battaglia dell'Isonzo, ed una seconda in cui la Brigata torna in linea nel suddetto settore.
La prima parte è interessante perché è, involontariamente, un "trattato di propaganda": per ricostruire il morale degli uomini il Pennella li inonda di canti, inni e preghiere patriottiche (che compone lui stesso; a leggerle oggi suonano tremende!) per incitare e continuamente stimolare al grande amore che deve giungere a riempire di sé l'anima del soldato, quello cioè per la Patria ed il Re. Fortunatamente, a suo credito, va detto che provvede anche al lato materiale.
La seconda parte racconta la preparazione e i fatti del 29 marzo 1916, quando si sviluppa un forte attacco austriaco nel settore, che sarà respinto con numerosissime perdite. Qui il tono si fa spesso retorico ed abbondano le descrizioni di episodi di eroismo individuale (che oggi suonano oggettivamente incredibili). Più interessanti i momenti di relativa calma, in cui Pennella legge Dante, Machiavelli ed Ungaretti, o quelli in cui si espone al fuoco nemico per "dare l'esempio" mentre cura la sistemazione logistica della trincea (e resta a suo onore l'esservi andato spesso, mentre altri comandanti restavano al sicuro e inviavano solo gli ordini). Purtroppo non manca un accenno di inqualificabile nazionalismo, quando Pennella commenta il fallito attacco notando che gli austriaci furono ricacciati a calci nelle loro tane dopo aver contaminato per qualche ora colla loro presenza un tratto delle nostre trincee di prima linea.

Il Pennella finì poi all'VIII armata e sarà silurato in favore di Caviglia dopo il comportamento nella battaglia del solstizio.

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